“È un periodo di crisi…”
Quante volte, specialmente nella congiuntura storica di questi tempi, abbiamo sentito proferire queste parole?
Ma sappiamo cosa significano? Esse vengono utilizzate in contesti assai diversi ma il significato di fondo è il medesimo. Etimologicamente Crisi significa separare, in senso figurato decidere. Da questa e da successive osservazioni se ne desume che il suo senso è spiccatamente attivo, positivo, anche se quasi sempre viene travisato a causa dell’associazione derivante dal contesto in cui viene pronunciata la parola Crisi. Nel caso delle crisi economiche essa rappresenta l’emergere di un turbamento vasto e profondo nella vita di una collettività, di un gruppo o di uno stato. Essa preannuncia e determina mutamenti e trasformazioni ingenti.
Gli individui sono abitualmente oppressi dalla coscienza di uno “stato di crisi” e i comportamenti economici e finanziari ne sono la prova più evidente. In realtà la crisi è un momento di frattura, un momento in cui la necessità di una scelta irrompe violentemente nel presente, facendo barcollare mercati e costruzioni sociali che si sono rivelati inadeguati.
“Sono in crisi…”
Concependo la società come un enorme organismo e l’economia come il suo sistema circolatorio, si fa presto a realizzare il parallelismo con la crisi interna all’individuo. La crisi esistenziale, spirituale, morale, sentimentale, comporta l’insorgere di una frattura, di un dubbio sull’ordine esistente, l’emergere di contraddizioni che portano all’ordine del giorno il dovere di prendere una decisione, a volte grave, capace di mutare radicalmente il corso della vita. Nel caso della crisi economica si giunge a una seguente depressione delle attività e degli interessi verso l’acquisto e non diversamente avviene per la crisi spirituale. Un senso di impotenza sembra dominare l’ambiente, in seguito al suo irrompere, e solitamente si perde consapevolezza dei propri mezzi e della capacità di poterne acquisire di nuovi. La crisi può essere puntiforme, nella forma di un accesso improvviso, cosa che permette a questo termine di essere largamente utilizzato in ambito medico (crisi gastrica, crisi emofilattica, crisi nervosa, crisi isterica), ma può anche avere una comparsa e un decorso lenti, a fasi, quasi sempre scandite da scelte e decisioni intermedie, le quali ricordiamolo sono il fine stesso dello stato di crisi.
Le persone che tendono a soffrire maggiormente degli stati di crisi sono spesso caratterizzate da una personalità rigida, a volte impenetrabile, che tendono a costruirsi un mondo ristretto e inaccessibile all’Altro. Comportando la crisi una necessità di apertura verso idee, persone, strumenti, valori che fino a ieri potevano essere alieni, tali individui soffriranno maggiormente a varcare i loro stessi confini.
A volte bisogna essere in grado di lasciarsi inizialmente trasportare dalla crisi, senza rifiutarla. Bisogna trovare la forza di capire quali domande porta con sé e perché magari ci stiamo ostinando nel suo rifiuto. Dobbiamo provare a carpirne il linguaggio, perché a volte ci è sconosciuto, nonostante sia nostro e ci stia dicendo qualcosa. Forse solo che è l’ora di scegliere. Di scegliere nuovamente.
Autore: Mattia Zanin
Fonte: disagiopsichico
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