La rTMS può rallentare il declino cognitivo e funzionale nella malattia di Alzheimer?
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Ferrara, apre nuove prospettive terapeutiche sull’utilizzo della Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva (rTMS) per alzheimer.
Lo studio
Si tratta di uno studio controllato con sham, di 24 settimane di trattamento per determinare la sicurezza e l’efficacia della stimolazione del Precuneo.
Allo studio hanno partecipato 50 pazienti: un gruppo effettua il trattamento con rTMS, l’altro riceve il trattamento placebo.
Il trattamento
Le 24 settimane di trattamento si dividono come segue: 2 settimane intensive in cui la rTMS (o il placebo) si applica quotidianamente cinque volte alla settimana.
E fase di mantenimento di 22 settimane in cui la stimolazione si applica una volta alla settimana.
La frequenza e l’intensità degli impulsi magnetici si possono regolare per ottenere diversi effetti terapeutici o di ricerca.
Ad esempio, la rTMS ad alta frequenza può aumentare l’attività nelle aree cerebrali stimolate, mentre la rTMS a bassa frequenza può ridurre l’attività.
Risultati
I risultati mostrano che i pazienti che hanno ricevuto la Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva hanno presentato una prestazione stabile del punteggio della Clinical Dementia Rating Scale–Sum of Boxes.
Mentre i pazienti trattati con sham hanno mostrato un peggioramento del loro punteggio.
Per valutare l’efficacia delle stimolazioni sono stati eseguiti test specifici pre e post-trattemento (esito primario con la Clinical Dementia Rating Scale–Sum of Boxes).
Inoltre, si utilizza la TMS a impulso singolo in combinazione con l’EEG per valutare i cambiamenti neurofisiologici nell’eccitabilità corticale del precuno.
Inoltre, i risultati neurofisiologici mostrano che l’eccitabilità corticale del precuneo rimane invariata dopo 24 settimane nel gruppo di stimolazione rTMS reale, mentre si riduce nel gruppo placebo.
Conclusione
Le ventiquattro settimane di rTMS sul precuneo possono rallentare il declino cognitivo e funzionale nella malattia di Alzheimer e potrebbe rappresentare un nuovo approccio terapeutico nei pazienti con questa patologia.