ROMA – Dopo anni di lavoro, in cui il tempo per vedersi è circoscritto alla sera ed ai week end, ecco piombare in casa un ‘perfetto sconosciuto’: il marito andato in pensione, con tutto il suo carico di richieste e abitudini difficili da metabolizzare per lei che non era abituata ad averlo in casa 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Ed allora ecco che con la pensione del coniuge arriva per lei anche il rischio di ammalarsi della cosiddetta ‘sindrome del marito pensionato‘; sintomi prevalenti: ansia, insonnia, mal di testa e nei casi peggiori anche depressione.
Finora, la sindrome era nota a livello aneddotico in tutti i paesi del mondo, specie in quelle società dove i ruoli dei due generi sono piuttosto rigidi (con lei casalinga e lui in ufficio). Ora, forse per la prima volta, è diventata oggetto di una ricerca formale che è stata condotta dall’Istituto di Ricerca indipendente (Iza) che fa capo all’Università di Bonn e che ha indagato per scoprire se davvero in quale misura il pensionamento del marito incida sulla salute della moglie e scombussoli l’equilibrio di coppie abituate alla routine del marito che andava ogni mattino in ufficio per rincasare alla sera.
A condurre lo studio, però, non sono stati due medici, ma due economisti dell’Università di Padova, Marco Bertoni e Giorgio Brunello che, sotto l’egida dell’Iza, hanno utilizzato dati forniti da un’indagine che ogni anno viene ripetuta in Giappone, paese dove questa sindrome è molto sentita.
La considerazione di partenza è che, se da un lato è comprensibile lo spaesamento di chi, dopo tanti anni di lavoro (magari sempre lo stesso), si ritrova da un giorno all’altro a casa, meno attenzione si presta in genere alle ripercussioni che questa novità comporta per il coniuge che, sempre da un giorno all’altro, quel neopensionato se lo ritrova in casa 24 ore su 24.
Gli esperti hanno indagato il problema e, per verificare che vi fosse un vero e proprio meccanismo di causa-effetto tra il pensionamento del marito e la sindrome nella donna, sono andati a valutare gli eventuali effetti di una riforma del sistema pensionistico nipponico (avvenuta nel 2006). Hanno così stimato che per ogni anno di pensione in più per il marito, il rischio per la salute mentale della moglie – e cioè di soffrire della sindrome – sale di 5,8-13,7 punti percentuali (a seconda del metodo di misura utilizzato).
Il problema – spiegano gli autori del discussion paper IZA – è addirittura acuito se anche lei lavora, perché in questo caso al ‘peso’ del marito in casa, con tutte le sue richieste e le sue abitudini, si aggiunge la scarsità del tempo a disposizione per lei per il riposo e per far procedere il menage familiare senza troppi urti. Non è chiaro se lo stress di colui che va in pensione a sua volta influenzi la gravità della sindrome della coniuge, sostengono gli autori, ma è necessario studiare il pensionamento anche come un processo congiunto che affligge entrambi i coniugi. “I nostri risultati – concludono – suggeriscono che si dovrebbe prestare attenzione non solo ai risvolti economici del pensionamento ma anche agli aspetti psicologici, onde evitare o almeno attenuare le conseguenze sulla salute mentale e il benessere di entrambi i coniugi“.
Fonte: la Repubblica.it
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