Paolo ha 16 anni quando i genitori decidono di rivolgersi ad una clinica specialistica.
Il precedente ricovero in un reparto psichiatrico non aveva prodotto miglioramenti significativi.
Paolo rimaneva bloccato sulla soglia delle porte: più che di una vera e propria immobilità, si trattava di una lenta oscillazione avanti e indietro, accompagnata dallo sguardo fisso all’angolo superiore dello stipite.
Se gli si domandava cosa stesse facendo, rispondeva che doveva fermarsi continuamente per sistemare le cose in un modo speciale; doveva attraversare la porta nel modo giusto.
Se gli si domandava se vedesse qualcosa di particolare sull’angolo superiore dello stipite, rispondeva che non vedeva nulla di particolare ma che semplicemente DOVEVA FARE IN QUESTO MODO.
Non era facile per Paolo raccontare i suoi problemi: era evidente il suo desiderio di spiegare cosa avesse in testa, cosa gli stesse succedendo, si sforzava di descrivere il suo problema; ma non gli venivano le parole, la situazione era incoerente anche per lui.
Sapeva solo che si bloccava.
Può succedere che un ragazzo si comporti in una maniera che dall’esterno può risultare curiosa, strana, insensata o addirittura bizzarra, matta.
Come nel caso di Paolo, può succedere che un ragazzo non sappia spiegare cosa gli stia succedendo, cosa gli passi per la testa. Può succedere che sia capace di dire solo che non può fare altro che fare così.
In base alla mia esperienza, quello che può suscitare un blocco di questo tipo in un ragazzo è un vissuto di iper-responsabilizzazione accompagnato dall’immaginare che determinate sue azioni possano avere conseguenze catastrofiche.
È importante che le persone che gli stanno accanto non lo giudichino, perché forse il ragazzo stesso si giudica debole, incapace o addirittura matto.
Che non lo prendano in giro, perché forse il ragazzo stesso si vergogna terribilmente delle strane cose che si sente costretto a fare.
Che non lo interroghino in maniera insistente e intrusiva, perché sentirsi invasi da domande è l’opposto di sentirsi accolti da un ascolto rispettoso dello spazio privato delle proprie emozioni.
Può essere invece opportuno osservare come e quando si manifestano questi strani comportamenti.
Tendenzialmente questo tipo di problema si risolve con l’età.
In caso contrario sarebbe utile parlare con uno specialista per valutare un intervento di psicoterapia, con cui si possono ottenere anche ottimi risultati.
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Alessia Fusilli
Referente area clinica pre-adolescenza e adolescenza CENTRO PSY
Riferimenti bibliografici:
Rapoport J.L. (1989), Il ragazzo che si lavava in continuazione e altri disturbi ossessivi, Boringhieri, Torino, 1994.