Ansia e depressione non nascono sempre all’improvviso. Secondo un nuovo studio della Duke University, pubblicato sulle pagine di Neuron, il rischio di soffrirne è scritto nell’amigdala, area del cervello responsabile delle emozioni, paura inclusa. L’associazione tra l’attività di questa struttura cerebrale e la probabilità che uno stress si traduca in ansia o depressione sarebbe tale da rendere addirittura possibile prevedere l’insorgenza di questi problemi con anni di anticipo. Studiando l’amigdala sarebbe quindi possibile identificare le persone più a rischio, informazione che in futuro potrebbe essere sfruttata per battere ansia e depressione sul tempo, prevenendone l’insorgenza.
Lo studio ha previsto di analizzare tramite risonanza magnetica il cervello di ragazzi di età compresa tra i 18 e i 22 anni mentre osservavano immagini di volti dall’espressione arrabbiata o impaurita. Dopo l’analisi i partecipanti sono stati contattati ogni 3 mesi per compilare questionari online per valutare il loro umore e se avessero avuto a che fare con eventi stressanti. E’ stato così scoperto che chi era caratterizzato da una risposta maggiore dell’amigdala alle immagini mostrate aveva una maggiore probabilità di reagire, i futuro, allo stress manifestando sintomi più gravi di ansia e depressione. In particolare, l’attività dell’amigdala permetterebbe di prevedere il rischio di ansia e depressione da 1 a 4 anni dopo.
La scoperta non potrà certo alleviare il dolore provato in seguito a eventi stressanti come la perdita di una persona cara, ma secondo gli autori dello studio potrebbero aiutare le persone che sanno di essere più a rischio ad affrontare ansia e depressione prima che si trasformino in problemi cronici. “Il nostro studio – sottolinea Ahmad Hariri, responsabile della ricerca – contribuisce agli sforzi in corso per sviluppare strategie per prevenire le malattie psicologiche identificando un modo per misurare l’attività cerebrale che permetta di distingue chi corre maggiori rischi prima che si ammali”. I possibili risvolti della scoperta sono però anche altri. Non è infatti da escludere che in futuro nuove terapie o nuovi farmaci possano mirare a ridurre proprio l’attività dell’amigdala sia per prevenire che per alleviare i sintomi dell’ansia e della depressione associate allo stress.
Fonte: Il Sole 24 Ore
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