I costi europei ammontano a 25 miliardi di euro.
Da una parte ci sono i lavoratori stressati, quasi il 25% del totale. Dall’altra, lo 0,5%, ci sono quelli che ritengono che di eventi stressanti nella loro attività lavorativa non ce ne sia ombra. Due mondi a distanze abissali. Sono i dati diffusi dal Consiglio nazionale degli psicologi che hanno raccolto in un volume gli aspetti legati al problema che ha dei rilevanti costi sociali e per la produttività. Si calcola, infatti, che più della metà delle giornate lavorative perse sia dovuta a stress. Lo stress è al secondo posto tra i problemi di salute legati all’attività lavorativa, colpisce 1 lavoratore su 4 con costi annui che in Europa sono stimati in oltre 25 miliardi di euro.
Le cause – Per sette lavoratori italiani su dieci italiani le cause più comuni di stress sono legate alla riorganizzazione del lavoro o al carico di lavoro e delle ore di lavoro. Oltre sei lavoratori italiani su dieci indicano fra le cause di stress anche la mancanza di sostegno da parte dei colleghi o superiori e comportamenti inaccettabili come il bullismo, le molestie o legano lo stress a ruoli e responsabilità poco chiare. Al contrario, solo quattro lavoratori italiani di dieci ritengono che i fenomeni di stress siano rari mentre uno su venti nega addirittura si verifichino fenomeni del genere.
“Adottando il giusto approccio i lavoratori e le aziende possono vincere la battaglia contro lo stress che, quando legato all’attività lavorativa, è prevenibile e l’azione condivisa volta a contenere tale problema può essere molto incisiva”, spiega Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio nazionale degli psicologi che ha raccolto nel volume “Rischio stress lavoro correlato. Le competenze dello psicologo nella valutazione e gestione” tutti i dati scientifici per superare alcuni luoghi comuni, le metodologie di provata efficacia per tornare a un approccio fondato sul coinvolgimento professionale dello psicologo in qualità di esperto e in collaborazione con altre figure.
Il volume è frutto dell’opera di uno specifico gruppo di lavoro coordinato dalla presidente dell’Ordine degli psicologi dell’Umbria, Imma Tomay e ha il contributo di numerosi esperti e testimoni. L’obiettivo, spiega Tomay, è che “venga definitivamente superata la visione convenzionale dello psicologo come figura deputata alla sola gestione della sofferenza individuale, in quanto vengono ribaditi i contributi che ne mostrano la competenza nel campo dell’intervento organizzativo per la salute e la sicurezza”.
Fonte: Salute24
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